“Breakaway”: Compie mezzo secolo tondo tondo il secondo album solistico di Art Garfunkel. Uscito nell”ottobre del 1975 in USA, l’opera del cantante, ormai orfano del suo compagno di avventure e successi musicali Paul Simon, non brilla di luce propria, pur facendosi portavoce – più di altre sue opere solistiche – di un giusto compendio sentimental-popolare che da sempre si presta alla voce di un cantante dalle indiscusse peculiarità vocali e che, soprattutto, ha fatto la storia della “Musica Leggera”.
Cos’ha quindi l’LP “Breakaway” di tanto speciale da essere ricordato da me? La forza delle sue azzeccate interpretazioni. Che, in altre opere hanno lasciato spazio soltanto a momenti melensi e mancate aderenze qualitative. Un album, tra l’altro, toccato da singolarità non indifferente, dato che la prima traccia del lato B offre (e si troverà inclusa, parallelamente all’uscita coeva di un ennesimo stupendo album solistico di Simon e di un greatest hits della coppia) il meraviglioso ritorno, una tantum, della coppia con il prodigioso singolo “My Little Town” (finito ovviamente nella top 10 della classifica ufficiale USA) scritto da un motivatissimo Paul Simon e interpretato con solenne partecipazione corale dai due incredibili protagonisti di una delle stagioni più luminose del patrimonio pop mondiale.
L’album di Garfukel si apre poi con una pertinente e toccante cover di Stevie Wonder: “I Believe (When I Fall In Love It Will Be Forever) che conferma il talento interpretativo di un Garfunkel in grande melange artistico. Prova attestata da un altro singolo (questo finì invece n.1 in Inghilterra e ancora top ten nel Billboard U.S.A.) intitolato: “I Only Have Eyes For You” che tutti ricordano nella celeberrima prima versione del 1959 (facente parte anche della nutrita e storica raccolta-O.S.T. di “American Graffiti”) cantata dai Flamingos. Nella traccia omonima dell’album, “Breakaway” per l’appunto, non può passare inosservata la presenza di Crosby & Nash (assieme a Bruce Johnston dei Beach Boys) nel coro di una canzone non certo miracolosa ma molto bella. Così come l’altra ennesima delicata cover, “Disney Girls” che fu proprio dei Beach Boys e che per la quale ancora Johnston dà manforte con la sua firma vocale. Tralasciando l’autentica pecora nera dell’album, ovvero il prescindibile rifacimento di “Agua de Marco” di Jobim (veramente di cattivo gusto sia vocalmente, sia come arrangiamento), è in un’altra cover che il Garfunkel eccelle notevolemente, grazie alla classicissima “99 Miles from L.A.” di Hal David & Albert Hammond, che fu portata al successo paradossalmente proprio nello stesso anno da Hammond, decretandosi come uno dei pezzi più ricantati da molti altri artisti (da Iglesias a Nancy Sinatra) e trasmessi da sempre nelle hit radio. In definitiva, qualcuno a sua ragione potrebbe anche dire che molte delle opere solistiche di Art Garfunkel (privato della forza compositiva del suo ex esimio collega) siano idealmente preferibili come musica “da ascensore” o come sottofondo da RSA, e ci può anche stare, ironicamente o meno parlando. Ma sfido chiunque a darmi un altro, un solo altro album di soft rock maschile che possa sostituirsi a questo, facendo sempre i dovuti distinguo tra artisti e sottogeneri.
Perchè, come sempre, il tempo passa, ma la musica resta. E al momento giusto, “Breakaway” fa il suo dovere, magari e perché no, abbracciati al proprio partner, dove non manchi mai il puro sentimento, per chi sa e riesce a coltivarne ancora gli umori. Pino Morelli, 2025